Di Leonardo Palmieri – Perugia Powerlifting Barbarians
Molto spesso, per motivi pratici, ma anche folkloristici credo, noi allenatori abbiamo l’esigenza di una comunicazione quanto più diretta e di facile comprensione possibile. Capace cioè di proiettare l’atleta nel giusto, di fargli capire un concetto, di farlo muovere bene. Ecco dunque che il variegato mondo del powerlifting si colora di terminologie che, viste al di fuori, da chi non è parte integrante del settore, suonano bizzarre e inverosimili. Usare termini non ‘’tecnici’’ in realtà ha il suo appoggio scientifico, e tutto questo risiede nel nostro cervello. I movimenti sono elaborazioni della nostra corteccia motoria, in soldoni, prima di effettuare un movimento o posizionarci in una determinata posizione, il nostro cervello deve creare una rappresentazione mentale del gesto che sta per compiere. E, se noi allenatori, diamo degli input verbali capaci di far figurare ciò che vogliamo che l’atleta faccia, renderemo il gesto più immediato e facile da apprendere.
Lo scopo quindi, dei termini che usiamo, è appunto quello di far creare un’immagine chiara al cervello del nostro atleta, in modo e maniera da rendere l’apprendimento e la qualità del gesto più immediata, efficiente ed efficace.
Andando nello specifico i movimenti che facciamo sono elaborazioni del nostro cervello, date dall’incontro di più elementi, elementi che vengono ‘’ raccolti ‘’ attraverso il nostro apparato recettoriale interno ( fusi neuromuscolari, terminazioni nervose, organi del golgi ecc…) e esterno ( vista, tatto, udito). Tutte queste informazioni vengono captate e portate al cuore del nostro movimento; il cervello. Quest’ultimo ha il compito di elaborare una risposta, di dare un output. Ora, non sto qui a fare il prof di fisiologia e sarò più breve possibile. Il punto è che tutto questo mucchio di dati raccolti, tra cui gli input verbali, permettono al nostro cervello ( in particolare alla nostra corteccia motoria) di dare una risposta in relazione a ciò che stiamo facendo o staremo per fare.
Tornando al discorso delle terminologie ‘’poco tecniche’’ una di queste, probabilmente la più usata è ‘’aprire la pancia’’. Detta e letta cosi suona davvero bizzarra come frase da usare in un contesto ginnico. Ma, riflettendo un pochino più attentamente, magari ai lettori un pochino più esperti, non è cosi fuori di testa. Va contestualizzata, ma, ragioniamo un attimo!
Pensate ad una persona che sta facendo squat, magari un principiante, insomma una persona che non è educata al movimento, con schemi motori poco solidi.
Ora, uno degli errori tipici del neofita è quello di arrivare in buca con la bassa schiena ruotata, i più nerd direbbero con il bacino retroverso.
Ora focalizzate questa immagine; una persona che sta facendo squat e, quando arriva in buca retroverte il bacino.
Com’è visibilmente? La pancia?
È chiuso! Ha la pancia che si chiude in dentro e ha creato, al posto di una lordosi una cifosi lombare.
Ora, pensate alla stessa persona, solo che, in questo caso, l’input che gli date è: ‘’TIENI LA PANCIA APERTA mentre scendi !’’. Come immaginate la persona in questo caso?
In buca, con il bacino, direbbero i pro, anteroverso e le curve della schiena tutte al loro posto, insomma, un movimento fatto bene. È un’immagine mentale che funziona perché, nella sua semplicità ci offre una rappresentazione mentale semplice e ‘’alla portata di tutti’’.
Credo vivamente che raffigurarsi in un movimento e avere input verbali di immediata concezione ci faccia essere semplicemente più propriocettivi, capaci di percepirci meglio.
Nota bene, aprire la pancia non significa esasperare la lordosi lombare, ergo, mettere il sedere a papera, ma significa; mantenere le curve fisiologiche del rachide al loro posto.
Ma, volendo essere curiosi, perché è importante tenere la ‘’pancia aperta’’ nello squat? Che relazioni ci sono a livello biomeccanico? Perché squottare con la pancia aperta è efficiente?
Con delle immagini risulta più semplice, ma prima voglio fare una piccola premessa.
Il movimento umano è un insieme di più elementi, coordinativi e condizionali. Il gesto atletico si compie per sinergia delle catene cinetiche muscolari, ossia; noi siamo in grado di fare squat perché l’insieme dei nostri segmenti corporei si muove in ‘’sincronia’’.
Un movimento efficace ed efficiente è appunto quel movimento che, nella sua totalità ha un bilanciamento delle catene cinetiche che, nel corso del gesto, creano i giusti gradienti di forza e sinergia muscolare. Nulla è isolato, il corpo si muove nella GLOBALITÀ’.
Vediamolo insieme;
Vi ricordate l’immagine di prima? L’atleta che fa squat con la pancia chiusa e poi con la pancia aperta? Se non abitate sulla luna l’idea dovrebbe essere più o meno questa;
Vi quadra? Lo squat di destra è uno squat con la pancia chiusa, quello di sinistra è uno squat con la pancia ‘’aperta’’.
Il giochino è semplice: mantenere la pancia aperta e avanti nello squat ci permette di utilizzare in maniera ottimale le due catene cinetiche, quella posteriore sia esterna che profonda e quella anteriore, sia esterna che profonda e, andando a gestire la forza espressa dai muscoli in maniera ottimale, ne deriva uno squat muscolarmente bilanciato e con margine di miglioramento
(ovviamente con il giusto allenamento).
Lo squat di destra non è bilanciato; la catena muscolare posteriore è accorciata, il femorale non è teso, il bacino ( che è il cuore dei nostri movimenti ) in questa posizione non è in grado di esprimere forza al meglio e ne consegue una perdita di energia a discapito della catena cinetica anteriore che sarà maggiormente sollecitata.
In conclusione fare squat bene è un po’ come bilanciare una bilancia, qualsiasi compenso o errore a discapito di una catena cinetica farà pendere l’ago da una o dall’altra parte con la conseguenza di un estrema sollecitazione di una delle due catene cinetiche che, nel lungo periodo ci faranno stallare in termini sia di prestazione che di salute.